COME IL CLIMA CAMBIA L’AGRICOLTURA

Dopo 30 anni di tentativi senza esito, finalmente un agricoltore siciliano è riuscito a produrre dell’ottimo caffè Arabica nella sua piantagione sulle colline sopra Palermo. Se serviva  una prova che il clima è cambiato, eccola servita. Tra l’altro, questo caffè made in Sicilia dimostra di avere un’ottima qualità e un aroma contraddistinto da grande finezza, acidità equilibrata e una naturale dolcezza. Al contrario, in un Paese dove il caffè viene prodotto da sempre come la Costa d’Avorio, primo fornitore mondiale di cacao, quest’anno il raccolto è diminuito del 25%, a causa di siccità (ancora l’effetto del clima) e patogeni vari. Anche la zootecnia, nel caso specifico la molluschicoltura, è fortemente influenzata (sarebbe meglio dire danneggiata) dai cambiamenti climatici. Nel Delta del Po la produzione di vongole e cozze nel 2023 è stata pressochè azzerata dalla presenza del granchio blu. Si tratta di un crostaceo originario delle coste atlantiche di Stati Uniti e Messico, arrivato casualmente in Europa e qui presente da alcuni decenni; solo di recente però, causa l’innalzamento della temperatura dei nostri mari e lagune, si è moltiplicato fuori controllo, mettendo in crisi l’equilibrio di interi ecosistemi.

2023, un anno record

Secondo l’IPCC-Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici voluto dalle Nazioni Unite,  il decennio 2011-2020 è stato il più caldo mai registrato. Si calcola che l’aumento della temperatura dall’epoca preindustriale sia pari a 1,1 °C e che attualmente proceda al ritmo di 0,2 °C per decennio. In particolare, il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre sul pianeta. Oltre che le ondate di calore, il riscaldamento globale comporta rischi di scarsità di risorse idriche e, al tempo stesso, di inondazioni dovute a fenomeni meteo estremi. La ricaduta interessa la salute di persone, con aumento dei rischi per quelle più fragili, animali e vegetali, la stabilità degli ecosistemi e le produzioni agricole. Queste ultime già da una ventina d’anni subiscono perdite evidenti: basti pensare agli effetti della siccità del 2022 sulle nostre produzioni di frumento e mais, ma anche ai danni sulla produzione ortofrutticola causati dall’alluvione dello scorso giugno in Romagna.

Lo spostamento delle produzioni

L’influenza delle anomalie climatiche sull’agricoltura comporta anche altri effetti, secondari ma non meno importanti, che riguardano la localizzazione delle colture. Così come nell’area mediterranea sta aumentando la produzione di frutti tropicali, come lime, mango e frutto della passione, così gli oliveti e i vigneti si stanno spostando sempre più a nord, fino ai piedi delle Alpi. Da alcuni anni la produzione di pomodoro da industria ha trovato un ambiente ottimale in Pianura Padana, anche per motivi logistici e organizzativi.  A livello europeo, stiamo assistendo ad una perdita di competitività dei Paesi meridionali, come Spagna, Grecia e parte dell’Italia e della Francia, a favore di quelli più a nord. La conseguenza è la proiezione del valore a lungo termine dei terreni, negativa per i primi e positiva per i secondi. I riflessi commerciali, economici e sociali del clima hanno un forte impatto. I flussi di alcuni approvvigionamenti stanno cambiano rotta, ad esempio per il caffè. Si parla di “Weather market” per significare la forte influenza di piogge e siccità sulle quotazioni e sui futures delle commodities agricole. Uno dei motivi principali dei flussi migratori, dal sud al nord del mondo, è rappresentato dalle difficoltà economiche causate appunto dagli eventi meteorologici.

La 28^ conferenza delle UN per i cambiamenti climatici, nota come COP28, recentemente tenuta a Dubai, dopo lunghe trattative ha faticosamente raggiunto l’accordo di limitare l’incremento della temperatura globale entro il limite di 1,5 °C e di incrementare i finanziamenti per i Paesi del Terzo Mondo, finalizzati ad un’economia più sostenibile. Sono stati approvati anche altri strumenti, quali il superamento dei combustibili fossili nel 2050, l’obiettivo di triplicare le rinnovabili entro il 2030 e l’accelerazione di tecnologie a zero emissioni, come il nucleare e lo stoccaggio del carbonio.

02/01/2024                                                                                                 Franco Brazzabeni