SOIA, CRESCE LA SUPERFICIE E PRECIPITA IL PREZZO

La soia è entrata da ormai più di 30 anni nelle rotazioni delle aziende del nord Italia e in particolare di quelle del nord-est.
Fu il Gruppo Ferruzzi a lanciare la coltura a metà degli anni ’80; gli agricoltori, grazie ai risultati molto favorevoli nelle prime campagne di coltivazione, iniziarono preso a familiarizzare con questa specie, fino ad allora praticamente mai vista.
Dopo il boom iniziale, la superficie ha conosciuto varie oscillazioni, attestandosi tra i 100.000 e i 200.000 ettari.
Ora le cose stanno cambiando. La crisi del mais, causata da alti costi di produzione, prezzi di mercato deludenti, vari problemi fitopatologici e, dulcis in fundo, la frequente presenza di micotossine nella granella immagazzinata, ha spinto anche gli agricoltori più fidelizzati ad abbandonare progressivamente la coltura, convertendosi a specie meno costose e rischiose, quali frumento e soia.
Proprio quest’ultima ha recentemente attirato l’attenzione degli osservatori statistici, perché, nella corrente campagna, in Veneto la sua superficie ha superato per la prima volta quella del mais: un segno piuttosto evidente di come le cose stiano cambiando, nonostante il mais sia sostenuto da una forte filiera che va dalle multinazionali del seme ai distributori di mezzi tecnici, agli stoccatori e infine agli utilizzatori.
Per la soia non sono comunque tutte rose e fiori.
Infatti nel corso dell’ultimo mese, la Borsa Merci di Chicago ha registrato un meno 19% delle quotazioni. Secondo gli esperti, l’origine di questa situazione va ricercata nei dazi imposti da Trump e nelle conseguenti ritorsioni cinesi: gli USA e il Brasile sono i primi produttori di soia al mondo e la Cina ne è il primo acquirente, per sostenere le proprie produzioni zootecniche; come risposta alle misure protezionistiche statunitensi su vari prodotti, il colosso asiatico ha spostato i propri acquisti di soia sul Brasile e questo sta mandando in fibrillazione i farmers e il mercato USA della soia.
A livello Italia questa contingenza può pesare sul sistema, abbassando il reddito della soia e spingendo gli agricoltori ad aumentare l’utilizzo di semente non certificata, nell’illusione di limitare i costi. In realtà, l’uso di seme aziendale permette un risparmio irrisorio, ma sicuramente aumenta i rischi di fitopatie nonché di diffusione di seme OGM di importazione, causa la mancanza di controlli.
Le prossime settimane dovrebbero meglio definire il quadro e permettere un’analisi più fondata della situazione.