Assosementi e Federbio hanno deciso di lavorare insieme per trovare un accordo che cambi il sistema di approvvigionamento del seme certificato biologico.
E’ questa la notizia emersa dal convegno “BIO: la crescita del settore e la nuova normativa per le sementi”, che si è svolto presso l’Aula magna della Facoltà di Agraria di Bologna lo scorso 3 maggio.
La crescita dei prodotti biologici è testimoniata da numeri importanti, come ha affermato il prof. Angelo Frascarelli durante il suo intervento: oggi rappresentano il 3% della spesa alimentare italiana, con una crescita del 16% dal 2003, mentre gli altri consumi del settore sono stabili; il biologico è coltivato sul 7% della SAU e, dato molto significativo, l’azienda dedicata al bio ha una superficie media di 28 ettari.
Se ci fossero ancora dubbi, una recente indagine compiuta dalla Commissione Europea su un campione di 322.000 cittadini di tutti gli stati membri ha rilevato che all’agricoltura di oggi i consumatori richiedono cibo, salute e ambiente. In questo contesto è chiaro che il bio è vincente.
Dunque, da una parte il mercato sempre più favorevole, dall’altra la politica UE finora prodiga di incentivi.
Il biologico rientra tra le attività di quella che l’Unione Europea identifica come “agricoltura smart”: intelligente, moderna, sostenibile, in linea con le richieste dei cittadini.
Pertanto, secondo Frascarelli, biologico e agricoltura di precisione rappresentano il futuro del comparto agricolo.
Un futuro nel quale gli alimenti bio saranno gestiti sempre più dalla grande distribuzione organizzata, in una filiera reticolare.
Nessun dubbio sul fatto che questa filiera del biologico debba partire dal seme certificato: lo hanno sostenuto sia Eugenio Tassinari, presidente di Convase, che Giuseppe Carli, presidente di Assosementi.
Un seme biologico ma anche oggetto di tecnologie avanzate: Cesare Accinelli, ricercatore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna, ha presentato due nuovi brevetti da lui realizzati. Uno riguarda l’applicazione di una pellicola al seme, che potrebbe inglobare prodotti come Trichoderma e Bacillus; l’altro è un innovativo metodo di analisi delle polveri (dust-off).
Tutto bene quindi? Non proprio.
Per fare bene il bio, secondo il presidente di Federbio Paolo Carnemolla, ci vuole il seme bio, ma la normativa vigente prevede il ricorso alle deroghe (prorogato sino al 2035 dal nuovo regolamento UE), per cui se la varietà richiesta dall’agricoltore non è disponibile in versione biologica, è possibile acquistarne il seme prodotto con sistema tradizionale, purché non conciato.
Il risultato è stato un calo esponenziale della disponibilità di seme prodotto con metodo biologico, pur a fronte di un aumento della domanda, come ha detto Pier Giacomo Bianchi di CREA-DC.
La soluzione secondo Assosementi e Federbio è un’integrazione di filiera con l’obiettivo di superare le deroghe, grazie ad accordi che prevedano la stesura di contratti di prenotazione, in modo da garantire a ditte sementiere ed agricoltori il collocamento e il reperimento del seme biologico.
Con questo forte impegno, le parti lavoreranno per giungere a un risultato di comune interesse.