L’agricoltura biologica è senza dubbio uno dei settori chiave del futuro prossimo.
I consumatori europei chiedono sempre più alimenti prodotti con metodo biologico o comunque con tecniche sostenibili per l’ambiente.
In questo contesto l’Italia gioca un ruolo fondamentale, con una crescita importante negli ultimi anni e un valore della produzione di 7 miliardi di euro nel 2020, secondo una recente stima di CIA.
Per continuare a svilupparsi, il settore bio ha bisogno soprattutto di due elementi fondamentali: esprimere la massima affidabilità e disporre di adeguate risorse tecniche.
Infatti sono ancora troppe le frodi che periodicamente vengono scoperte e il “finto biologico”, messo in commercio da produttori e distributori senza scrupoli, non fa che danneggiare i molti agricoltori e operatori seri che credono in questo settore e nel suo sviluppo. Servono più controlli mirati e una comune azione di tutta la filiera per combattere efficacemente queste illegalità.
Poi, il bio 2.0 deve poter disporre di mezzi altamente efficienti, a cominciare da una genetica dedicata, dato che i tempi dell’improvvisazione e della sola buona volontà debbono lasciare spazio a un’alta professionalità: il produttore biologico d’ora in poi dovrà essere uno specialista evoluto e un’imprenditore preparato.
E’ per questi motivi che il mondo della ricerca vegetale da qualche tempo si sta orientando verso una ricerca fortemente mirata all’agricoltura biologica e sostenibile.
Anche la politica dell’Unione Europea va ovviamente in questa direzione, come testimoniato dal progetto ECOBREED, che ha visto la luce nel maggio scorso e sarà finanziato per 5 anni con una cifra vicino a 6 milioni di euro, con la partecipazione di 15 paesi tra cui l’Italia (con l’Università della Tuscia), coordinati dalla Slovenia.
Gli scopi principali dell’iniziativa sono:
– incrementare la disponibilità di seme e di varietà per l’agricoltura biologica e a basso impatto;
– individuare caratteri genetici adatti all’agricoltura bio e a basso impatto, con particolare attenzione all’efficienza nell’uso dell’azoto e di altri nutrienti e alla competitività con la flora spontanea;
– incentivare l’attività di breeding dedicata a costituire varietà particolarmente adatte al biologico e alla coltivazione sostenibile.
Il focus è centrato su quattro specie vegetali: frumento, patata, soia e grano saraceno.
Anche il CREA di Foggia sta lavorando in questa direzione con obiettivi analoghi a quelli del progetto europeo, grazie al progetto Biodurum finanziato dal Mipaaf, che avrà termine nel 2020.
E’ auspicabile che anche la ricerca privata, italiana ed estera, sviluppi progetti dedicati all’agricoltura bio e sostenibile, affinché questi interessanti settori acquistino maggiore competitività e redditività per tutta la filiera.