PRODUZIONI AGRICOLE E AMBIENTE, UN EQUILIBRIO PRECARIO

Fin da quando, circa 10.000 anni fa, l’essere umano ha cominciato a praticare l’agricoltura, inevitabilmente ha iniziato anche a modificare l’ambiente in cui operava. L’agricoltura fin dall’antichità si rivelò indispensabile per il progresso e la civiltà; infatti, da quando esiste, essa ha permesso una continua e relativamente rapida crescita da ogni punto vista: salutistico, economico, sociale. L’agricoltura permise agli uomini e alle donne di allora di divenire stanziali, di riunirsi in villaggi e poi in città, di sviluppare varie attività e iniziative produttive e culturali. Tutto questo ha comportato un costo, che con il passare dei secoli si è rivelato sempre più evidente e importante. Il prezzo da pagare è l’intervento sull’ambiente naturale, che l’agricoltura e gli insediamenti umani hanno progressivamente cambiato, soprattutto da quando la prima si è intensivizzata per rispondere alla crescente richiesta di cibo. Un processo necessario: trascurabile all’inizio, molto pesante oggi che la popolazione mondiale assomma a 8 miliardi.

L’impatto sull’ambiente

Praticare l’agricoltura significa sostituire la flora spontanea erbacea ed arborea con specie edibili; rendere coltivabile il terreno con l’uso di attrezzi e macchine; utilizzare mezzi tecnici, immettendo nell’ambiente sementi selezionate, fertilizzanti organici o di sintesi, fitofarmaci, prelevando e distribuendo acqua (il 70% di quella disponibile sul pianeta serve per produrre cibo), avvalendosi di energia per le varie operazioni. Tutto questo ha un rilevante impatto ambientale, operando con le tecniche tradizionali, ma anche, sia pure in minore misura, con quelle biologiche, conservative o di precisione. Inoltre ha un’influenza sulla biodiversità e sulla conformazione del paesaggio. Basti pensare che la metà della superficie abitabile della nostra Terra è utilizzata per l’agricoltura. D’altro canto una parte dell’altra metà abitabile è occupata da insediamenti urbani e produttivi o da infrastrutture, a loro volta fortemente impattanti, anche sulla stessa agricoltura. Pure l’indotto ha una forte ricaduta sull’ambiente, tanto più quanto più lontane sono la zona di produzione e quella di consumo. Tale impatto ambientale si misura in vari modi, a cominciare dall’emissione di gas serra: il 26% è causato dalla produzione di cibo, in particolare per quanto riguarda la zootecnia. E’ altrettanto vero che negli ultimi 15 anni la ricerca nel settore ha realizzato un calo del 33% delle emissioni di CO2 prodotte dall’agricoltura della EU.

La coperta è corta, servono scelte razionali

Quindi produrre cibo comporta un impatto ambientale, che va controllato e, per quanto possibile, alleggerito. A questo scopo vi è un dibattito aperto sulle possibili strategie che possano aumentare la sostenibilità delle produzioni agricole. Alcune di queste, come estendere la coltivazione con metodo biologico e ridurre drasticamente l’uso di mezzi tecnici, sono state adottate dall’Unione Europea. Il Green Deal va in questo senso, ma è chiaro a molti che aumentare forzatamente in pochi anni le produzioni biologiche fino al 25% e nello stesso tempo ridurre i fitofarmaci del 50% e i fertilizzanti chimici del 25% risulterà difficilmente applicabile, senza provocare gravi conseguenze collaterali. La priorità non dev’essere semplicemente un ambiente pulito, bensì la necessaria produzione di cibo nel massimo rispetto possibile dell’ambiente! Limitarsi a ridurre l’impatto senza garantire all’agricoltura i mezzi per assicurare l’alimentazione per 8 (e in futuro 10) miliardi di persone è velleitario e dannoso. Se l’Europa diminuirà le proprie produzioni agricole, inevitabile conseguenza dell’attuale strategia, queste dovranno essere effettuate altrove (Sud America ad esempio), con conseguenti danni ambientali dovuti ai disboscamenti e ai trasporti delle materie prime su lunghe distanze.

Il sistema agricolo italiano ed europeo si è attivato per rimediare a questa situazione. In una recente intervista, il parlamentare europeo Paolo De Castro ha comunicato che la proposta di Regolamento sull’Uso Sostenibile dei Prodotti Fitosanitari è stata di fatto bloccata dalla presa di posizione trasversale di buona parte dei paesi dell’Unione Europea. Un primo atto di buonsenso in un contesto ancora da definire.

05/01/2023

Franco Brazzabeni