I prezzi di mercato delle commodities agricole, principalmente frumento e mais, sono da tempo in fase di ribasso e sono inoltre caratterizzati da notevole volatilità.
Secondo i dati dell’I.G.C.-International Grain Council, rispetto al picco verificatosi nel 2008 per il frumento, nel 2011 per il mais e nel 2013 per la soia, l’indice delle quotazioni di questi prodotti ha perso fino ad oggi decine di punti percentuali, con continue oscillazioni nei due sensi.
Il fenomeno interessa e preoccupa gli esperti di tutto il mondo, che da una dozzina d’anni si riuniscono per discutere e cercare soluzioni in occasione della Global Grain Conference; l’ultima si è tenuta a Ginevra nel novembre 2019.
Le cause della volatilità dei prezzi sono politiche ed economiche: la globalizzazione soprattutto, con l’intensificarsi degli scambi commerciali tra i vari continenti e sistemi produttivi, più recentemente il protezionismo politico (in particolare i dazi statunitensi verso la Cina e le relative contromisure), ma anche la Brexit e i temuti effetti sul commercio internazionale, nonché le possibili speculazioni di alcune lobbies e gruppi di potere. Uno scenario caotico e difficilmente controllabile, in grado di influenzare i prezzi nel breve periodo e determinare così le scelte degli agricoltori.
Per quanto riguarda invece l’andamento dei prezzi in una più ampia prospettiva, il fattore determinante è inevitabilmente rappresentato dal rapporto tra domanda e offerta.
Negli ultimi 50 anni la superficie a cereali è cresciuta globalmente del 8%, le produzioni di mais sono quadruplicate e quelle di frumento triplicate, mentre le oleaginose hanno più che raddoppiato gli investimenti, con aumenti produttivi moltiplicati per sette!
I progressi della genetica vegetale, le sempre migliori tecniche agronomiche e il poter disporre di macchine, fertilizzanti e fitofarmaci sempre più evoluti, dalla rivoluzione verde degli anni ’60, hanno permesso tutto ciò. Paesi dall’enorme potenziale produttivo come Russia e Ucraina hanno molto migliorato il modo di coltivare, diventando i nuovi punti di riferimento per l’esportazione di grani a livello mondiale. La produzione di mais di Brasile e Argentina è raddoppiata dal 2011 ad oggi.
E la domanda mondiale? Il grave fenomeno della peste suina (ASF-African swine fever) ha compromesso gli allevamenti in Cina (con riduzione della popolazione suina del 47%) e ridotto gli acquisti, con relativa frenata della domanda, cui hanno contribuito anche gli effetti della recessione economica del 2008.
Il risultato è un aumento delle disponibilità di prodotto sul mercato: dal 2011 al 2018 l’offerta totale delle principali commodities agricole è cresciuta di quasi il 50%, mentre i consumi sono saliti solo del 20%. In pratica la crescita annua dei consumi è pari a 1,8% mentre quella delle produzioni arriva a 2,7%.
Come conseguenza in 7 anni gli stock finali sono aumentati del 55%, con inevitabile riflesso negativo sui prezzi.
Cosa porterà il prossimo futuro? Secondo Dan Basse, presidente di AgResource, occorre rivolgere l’attenzione del mercato su nuovi possibili fattori trainanti. L’ultimo di questi in grado di influenzare i flussi delle merci fu la politica USA a favore dei bio carburanti.
Nel medio termine nuove opportunità dovrebbero arrivare dall’aumento delle importazioni dei nuovi paesi emergenti: non più la Cina, bensì Etiopia, Nigeria, Egitto, India e Pakistan.
Un’altra variabile che potrebbe spostare gli equilibri a favore di un rialzo dei prezzi è rappresentata dai cambiamenti climatici in atto. Le recenti piogge in nord America, molto al di sopra delle medie stagionali, la prolungata siccità in Australia, ma anche in Ucraina e est Europa e Brasile, l’estate 2019 eccezionalmente calda e siccitosa in Europa sono solo qualche esempio.
Infine, ma non per minore importanza, pesa la mancanza di una politica in grado di promuovere interventi a favore dello sviluppo nei vari paesi.
In estrema sintesi, al momento sembra vi siano limitate probabilità di aumento dei prezzi, ma lo scenario resta aperto a vari possibili sviluppi.
Foto da International Grain Council.