Viviamo in un’epoca di negazionisti: si arriva a negare qualsiasi concetto e i mezzi d’informazione amplificano tali credenze, a volte decisamente paradossali. C’è in questi tempi chi nega addirittura la presenza del Covid-19, ma cosa dire dei così detti “terrapiattisti”, che semplicemente non accettano la forma globosa del nostro pianeta?
Lasciando da parte queste convinzioni al di fuori del mondo reale e slegate da ogni supporto scientifico, vi sono teorie, non prive di fondatezza, che si contrappongono ad altre ampiamente riconosciute e condivise.
Una di quelle più interessanti e coinvolgenti riguarda il futuro della popolazione mondiale durante questo secolo.
Molte autorevoli fonti, le Nazioni Unite su tutte, prevedono, sulla base di studi e proiezioni, che il numero degli abitanti del pianeta, attualmente calcolato in 7,8 miliardi, arrivi a 8,5 nel 2030 , a 9 miliardi nel 2050 e a 11 nel 2100. Uno scenario che ha provocato la stesura di un grande piano agricolo mondiale, con l’obiettivo di sfamare in modo soddisfacente tale popolazione in continua crescita, e il raggiungimento dell’agognato traguardo “fame zero” entro trent’anni da oggi.
Ora questi numeri, a tutti noti e ripresi da politici, giornalisti e vari addetti ai lavori, sono contestati da Darrel Bricker, CEO di Ipsos, una società canadese specializzata in analisi e ricerche di mercato.
Nel suo recente libro “Empty planet – The shock of global population decline”, Bricker non stravolge i dati delle Nazioni Unite, anzi conferma la stima di crescita sino a 8,5 miliardi di persone nel 2030. La grande novità consiste nel fatto che, a suo dire, la popolazione mondiale dopo tale data inizierà a decrescere, non raggiungerà mai i 9 miliardi e questo calo continuerà nel tempo. Anche le Nazioni Unite prevedono uno scenario di questo tipo, ma spostato avanti di un paio di secoli.
Le convinzioni di Bricker si basano su alcuni dati che vale la pena di considerare.
Innanzitutto l’urbanizzazione in atto, che recentemente ha subito un’accelerata: nel 1960 un terzo delle persone viveva nei grandi agglomerati urbani, oggi siamo al 56% e tale numero è destinato ad aumentare. In tutto il mondo le campagne e i piccoli centri si spopolano a favore delle metropoli.
Secondo fenomeno indiscutibilmente in corso è l’aumento dell’età media. Secondo World Population Prospect il numero degli ultra sessantenni dovrebbe raddoppiare entro il 2050, arrivando a oltre 3 miliardi entro il 2100.
La somma delle conseguenze causate dai due fattori appena descritti porterà, secondo Bricker, a un progressivo declino delle nascite. In effetti nelle grandi città la natalità è più bassa che nelle zone rurali. Poi è ovvio che gli anziani non facciano più figli, mentre i giovani ne fanno sempre meno per motivi economici, organizzativi e ideologici.
Pensiamoci: le famiglie dei nostri nonni erano generalmente più numerose di quelle dei nostri genitori e delle nostre attuali.
Questo fenomeno potrebbe essere più pronunciato nell’emisfero nord e molto meno nel sud del mondo, dove però i sempre più diffusi mezzi di comunicazione sono in grado di cambiare in breve tempo lo status sociale dei paesi più poveri.