C’ERANO UNA VOLTA GLI OGM. COMINCIA (FORSE) L’ERA CRISPR.

L’argomento OGM ha animato le discussioni in tema di agricoltura, e non solo, nell’ultima ventina d’anni.
Tutti si sono sentiti autorizzati a dire la loro, oltre naturalmente agli scienziati: ambientalisti, casalinghe, impiegati, giornalisti non specializzati… non c’è categoria che non si sia espressa, il più delle volte senza sapere esattamente di cosa parlava, ma non resistendo alla tentazione di dichiarare il proprio parere, per lo più ampiamente negativo.
Così, mentre nel mondo la coltivazione di soia, mais, cotone, colza e altre specie geneticamente modificate si allargava di anno in anno, fino a raggiungere nel 2016 quota 185 milioni di ettari, di cui la metà nei paesi in via di sviluppo, in Europa si è limitata a poche migliaia di ettari e sostanzialmente non è mai decollata. In Italia e altri paesi, sono state bandite addirittura la ricerca e la sperimentazione su queste piante e sono fioccate denunce penali a sementieri il cui prodotto conteneva lo zero virgola qualcosa di OGM, evidentemente accidentale, ma comunque inaccettabile per il principio di tolleranza zero adottato dal nostro paese.
Evidentemente, il fronte anti OGM ha pienamente sconfitto le multinazionali del seme sul piano della comunicazione, toccando l’emotività della gente.
Poco importa che una ricerca dell’Università di Pisa, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati, dichiari che, dopo 21 anni di studi compiuti su coltivazioni OGM, non è stata riscontrata alcuna evidenza di rischio per la salute umana, si sono ottenute rese significativamente superiori alle produzioni tradizionale e contenuti di micotossine decisamente più contenuti.

Tutto questo potrebbe presto far parte del passato, infatti una recente scoperta nel campo dell’ingegneria genetica sta aprendo scenari nuovi.
Si tratta del Genome Editing, una tecnica che prevede l’inserimento di frammenti di DNA nel genoma di organismi viventi.
In questo ambito, la tecnologia più interessante per il miglioramento genetico delle piante è stata inventata nel 2012 e si chiama CRISPR/CAS9. Può agire inducendo piccole mutazioni in regioni della catena di DNA scelte a piacimento, oppure guidare la modificazione specifica di geni.
I vantaggi di questa nuova tecnologia sono stati illustrati dalla dott.ssa Vittoria Brambilla dell’Università di Milano, nel corso di un recente incontro su Comunicare l’innovazione, promosso da Assosementi:
1. è semplice e non richiede investimenti importanti, quindi è alla portata di qualsiasi laboratorio e rende questi interventi possibili per tutte le aziende ed istituti;
2. è rapida e permette ottenere risultati già alla prima generazione;
3. è specifica, non utilizza materiale proveniente da altre specie e non produce effetti indesiderati (i cosiddetti off-target).
Sono già stati ottenuti risultati interessanti su riso, pomodoro, patata, soia, mais e frumento, migliorando caratteri come la resistenza alla siccità (mais), la conservabilità (patata), la riduzione del glutine (frumento) e la resistenza a patogeni vari.
Insomma, un’occasione da non perdere per l’agricoltura, in particolare quella italiana ed europea che ha scelto di non lavorare sugli OGM e di non essere dipendente dalle multinazionali, ma che ha bisogno di crescere per affrontare le sfide dei prossimi decenni.
La decisione è in mano ai politici, che devono diradare il vuoto legislativo in cui attualmente si trovano la definizione e l’applicazione delle tecniche di genome editing.