VERSO UN NUOVO PROIBIZIONISMO?

Mentre da un lato in vari Paesi europei si discute la liberalizzazione delle droghe leggere, dall’altro l’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente stilato un documento, “European framework for action on alcohol 2022–2025”, con il quale si propone di ridurre drasticamente il consumo di alcol pro capite: meno 10% entro il 2025. Intendiamoci, lo spirito dell’iniziativa è ammirevole, ma non lo è altrettanto la sua prevista indiscriminata applicazione. Infatti il vino nel documento citato è equiparato a qualsiasi altra bevanda alcolica e tutto il settore enologico rischia di subire gravi danni. Il piano si basa sul fatto che in Europa il livello di consumo di alcol e la percentuale di consumatori sono a livelli preoccupanti. Come conseguenza, si stima che il 10% dei decessi che avvengono nel nostro continente (circa 1 milione di casi l’anno) è causato dall’alcol e spesso sono i giovani a subire tali conseguenze. Dall’uso di alcol derivano circa 200 diverse patologie, inclusi vari tipi di tumore. Gli individui soggetti all’alcol sono risultati meno protetti dall’infezione di Covid-19 e hanno subito maggiori danni dal virus.

Le misure previste

Le linee guida del documento dell’OMS prevedono un forte e indiscriminato contrasto al consumo di alcol. Per raggiungere tale obiettivo l’Organizzazione intende proporre ai vari Paesi una serie di misure, quali l’aumento della tassazione, il divieto di pubblicità, promozione e marketing in qualsiasi forma, la diminuzione della disponibilità di bevande alcoliche, l’obbligo di avviso in etichetta dei possibili danni alla salute e un indirizzo politico teso ad escludere il settore dal dibattito. Bisogna dire che tali proposte sono state accolte integralmente e senza alcuna opposizione da parte delle delegazioni, compresa quella italiana. Immediatamente il settore vinicolo italiano, insieme a Francia e Spagna, ha fortemente contestato il documento, ritenendolo il frutto di una manovra subdola e pericolosa a danno delle aziende vitivinicole. L’equiparare il vino alle sigarette o a qualsiasi acquavite è ritenuta una politica infondata e ingiustificata.

Fonte: agricolae.eu

Un settore strategico

L’Italia è tradizionalmente uno dei più importanti attori del comparto vinicolo a livello mondiale. E’ il maggior produttore globale ed è secondo nel commercio solo alla Francia (per valore) e alla Spagna (per volume). Per quanto riguarda i consumi, l’Italia, con 24 milioni di ettolitri, è al terzo posto, dopo USA e Francia e davanti a Germania e Regno Unito. Il fatturato nel nostro Paese nel 2021 ha raggiunto i 13,3 miliardi di euro e l’export vale 7,1 miliardi, con 310.000 imprese agricole, 1.800 trasformatori e 13.000 addetti (in Europa sono oltre un milione); sono cifre che dimostrano l’importanza del settore, anche per l’intera economia nazionale. Pure gli agricoltori che producono vino (di qualità) se ne avvalgono, godendo di una redditività superiore a quella delle altre colture erbacee o arboree. A parte queste cifre, va sempre ricordato che il vino non è solamente un prodotto, è anche storia, tradizione, cultura, capacità imprenditoriale e molto altro. Il vino è frequentemente citato nella Bibbia, come simbolo di tutti i doni provenienti da Dio. Per la scienza medica, se consumato in modo consapevole e moderato è addirittura benefico per la salute, come attestato da decine di pubblicazioni. Non a caso, il vino è un alimento inserito nella Dieta Mediterranea, riconosciuta nel 2010 dall’Unesco Patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Insomma, da qualsiasi parte lo si consideri, il vino non può essere trattato a livello di una qualsiasi bevanda alcolica o alle sigarette e come tale osteggiata e penalizzata. Tutto il settore agricolo auspica che il nuovo ministro e i suoi collaboratori si oppongano in maniera decisa a quello che ha tutta l’aria di un attentato alla nostra agricoltura ed economia.

29/10/2022

Franco Brazzabeni