Redditi agricoli, come incrementarli? Negli ultimi 70 anni le prestazioni quali-quantitative di tutte le piante coltivate hanno registrato aumenti molto significativi. E’ avvenuto grazie al miglioramento genetico, ma anche all’uso mirato della chimica applicata a fitofarmaci e fertilizzanti, nonché al progresso del settore meccanico e, non ultimo, delle tecniche di coltivazione.
La rivoluzione verde, che nel 1970 ha fruttato il premio Nobel a Norman Borlaug, è stata il risultato di un felice matrimonio tra scienza e agricoltura. Anche i nostri Nazareno Strampelli, con la sua ricerca sul frumento, e Ottavio Munerati, padre della moderna bieticoltura, sono stati protagonisti assoluti di questo progresso che ha portato benefici a tutto il genere umano. A titolo di esempio, dal 1950 ad oggi la produzione ad ettaro di frumento in Italia è più che raddoppiata; dal 2000 nella UE le prestazioni unitarie delle specie coltivate crescono mediamente dell’1% annuo.
I redditi non decollano
Risultati straordinari, e l’asticella potrà ulteriormente alzarsi con il sospirato utilizzo delle TEA, ormai in rampa di lancio. Ma c’è un “però”: i redditi agricoli delle colture erbacee stentano a decollare, complice un’inflazione sostenuta. Le anomalie climatiche, la pressione dei patogeni, tradizionali ed esotici, i conflitti commerciali e politici, l’impennata dei costi di mezzi tecnici, energia e acqua, gli imprevisti come il Covid-19, producono incertezza e volatilità nei mercati. A farne le spese sono gli agricoltori, quasi sempre anello debole della catena commerciale, vittime del mercato e della loro cronica incapacità di fare fronte comune. Anche le scelte politiche attuali, dal Green Deal alla legge sul ripristino della natura, rischiano di penalizzare ulteriormente la reddività con paletti normativi e burocratici.
Dato che non è possibile pensare di incrementare il reddito più di tanto producendo di più, vista la forte crescita delle prestazioni in atto da decenni e considerata anche l’esigenza di coltivare in modo più sostenibile per l’ambiente, bisogna cominciare a cambiare strategia, quando possibile. Come sempre, è l’analisi del mercato a fornire suggerimenti preziosi.
Valorizzare nuovi prodotti
Un’interessante tendenza della domanda è il cosiddetto clean eating o mangiare pulito. Da anni un numero crescente di consumatori sta adottando uno stile di vita alimentare che punta a cibi sani, naturali o supposti tali. Il diffondersi di alimenti prodotti con metodo biologico va in questa direzione. Non solo: la necessità di prevenire malattie e di adattare l’alimentazione ad una popolazione di età sempre più elevata, sta mettendo in evidenza modelli alimentari più sani e sostenibili, almeno nelle intenzioni. Per esempio cibi e bevande a basso contenuto di zucchero e di sale, proteine di origine vegetale, meno additivi. Insomma, prodotti più “naturali”, e non parliamo solo di alimenti, ma anche ad esempio di cosmetici. In vari casi questi articoli possono essere ottenuti da sottoprodotti dell’industria agroalimentare. Questo significa ottenere un potenziale alto valore (quindi alto reddito per chi produce) partendo da materia prima a basso valore.
Tre esempi significativi. Il primo: alcuni grandi gruppi lattiero caseari a livello mondiale stanno investendo ingenti risorse nella valorizzazione del siero. Si tratta di un prodotto di scarto della caseificazione, che può essere considerato una fonte di proteine, ma adatto pure per la nutrizione sportiva e clinica di tutte le fasce di età, anche grazie al contenuto di lattoferrina, una proteina con azione antibatterica e antivirale e fonte di ferro. Secondo: negli USA l’Agricultural Research Service ha ottenuto dal comune olio di soia alcuni prodotti commerciali addizionati di acido ferulico (estratto dalle foglie di alcune piante), altamente biodegradabili, con spiccata azione di protezione solare della pelle. Terzo: le trebbie di orzo, scarto dell’industria della birra, possono essere valorizzate come ingrediente di pane e altri prodotti da forno, grazie al loro contenuto di fibre e proteine. In sintesi, tre prodotti di scarto, quindi a basso valore, che diventano ingredienti naturali di origine vegetale, per prodotti in linea con le recenti richieste dei consumatori, quindi ad alto valore.
01/08/2024
Franco Brazzabeni