La fertilizzazione vegetale è una delle pratiche agronomiche indispensabili per ottimizzare la produzione e la qualità dei raccolti. Non solo: è una delle chiavi possibili per vincere le grandi sfide di questo secolo, essenzialmente nutrire 9,8 miliardi di persone entro il 2050 con un’agricoltura sostenibile per il pianeta, nonostante l’urbanizzazione che riduce la superficie agricola e i cambiamenti climatici. Difficile e affascinante.
Le tecniche di concimazione sono profondamente cambiate nel corso degli ultimi 100 anni. I concimi minerali e di sintesi hanno affiancato e in larga parte sostituito gli organici, pur se il valore di questi ultimi resta altissimo nella considerazione di tecnici ed agricoltori.
Ora si affacciano nuove tecnologie per quella che potremmo chiamare la fertilizzazione 2.0.
Un recente studio compiuto dal Technion-Israel Institute of Technology, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, descrive la possibilità di far penetrare nutrienti all’interno delle piante, grazie ad una piattaforma costituita da nanoparticelle, finora utilizzata per inserire in modo mirato nel corpo umano particolari farmaci destinati ad un determinato organo o tessuto, riducendo la quantità di prodotto ed aumentando la sua efficacia, con la contemporanea riduzione di effetti collaterali.
Nel nostro caso i ricercatori hanno inserito i nutrienti in liposomi, una sorta di nanosfere (con diametro inferiore 1 milionesimo di cm.) di materia grassa. Tali liposomi si mantengono stabili nella soluzione presente all’interno delle piante e possono penetrare nelle cellule, oppure essere “programmati” per disintegrarsi in ambienti acidi o con particolari condizioni di luminosità, rilasciando così il loro carico di nutrienti in un organo “mirato” come le radici o le foglie.
Nel caso specifico i liposomi hanno veicolato e rilasciato ferro e magnesio all’interno di piante di pomodoro, con un incremento dell’indice di penetrazione fino al 33%, rispetto all’abituale fertirrigazione.
Inoltre, la soluzione contenente i liposomi non si disperde nell’aria dopo l’irrorazione, ma se non raggiunge la pianta, dopo soli 2 metri si trasforma in innocui fosfolipidi.
Ci si augura che i positivi risultati ottenuti promuovano ulteriori studi su questa innovativa ed efficiente nanotecnologia.
Fonte: Seed World.