Da sempre sappiamo che il mercato mondiale del grano duro ha caratteristiche molto diverse dagli altri cereali: infatti i paesi produttori sono un numero limitato e lo stesso vale per quelli consumatori. In altre parole, pochi producono e vendono, pochi acquistano.
Da qualche anno però qualcosa si sta muovendo in questo settore; se n’è parlato a Romacereali, manifestazione organizzata dalla Camera di commercio di Roma, con la partecipazione di vari esperti a livello internazionale.
Ai tradizionali grandi produttori (sopra tutti l’Italia, il nord Africa, Canada e USA), si stanno via via affiancando paesi emergenti nella coltivazione del frumento duro, come Egitto, Kazakhstan, Messico, Turchia e altri, nonché nella produzione di pasta, tanto che alcuni esperti stimano che l’Italia potrebbe perdere il suo storico predominio nel medio termine.
Il Canada, che pure produce grano di alta qualità, pressoché indispensabile a produrre la pasta secondo il gusto italico (cioè ben resistente alla cottura), sta diminuendo il volume delle esportazioni, per vari motivi tra cui l’uso del Gliphosate, ormai malvisto dai consumatori, con la conseguenza che i pastai chiedono precise garanzie sul grano importato del nord America.
Per quanto riguarda i paesi africani dell’area mediterranea, nella campagna in corso si stima una produzione di grano duro in aumento del 30% sulle medie decennali, per cui anche Marocco, Libia, Tunisia e Algeria dovrebbero ridurre le importazioni di prodotto nordamericano.
Pure per Canada e Stati Uniti si prevede un raccolto superiore al 2017, se il clima si evolverà favorevolmente e arriveranno le previste piogge (situazione definita come “weather market“), mentre l’Unione Europea produrrà di meno a causa delle contrazioni di superficie in Grecia e Francia. L’Italia ha mantenuto più o meno stabili gli investimenti a frumento duro.
Complessivamente, a livello mondiale la produzione di grano duro 2018 è stimata in aumento rispetto alla precedente campagna. Questo fatto, unito alle citate difficoltà di esportazione del prodotto canadese e ai consumi sostanzialmente stabili, porterà una certa pressione sui prezzi, con una tendenza ribassista.
Vi sono però alcuni possibili fattori di variabilità positiva: le condizioni meteo in nord America, se non favorevoli, potrebbero ridurre la produzione; inoltre i prezzi tendenzialmente in aumento del mais (scorte in calo) e del frumento tenero potrebbero influenzare positivamente le quotazioni del duro.
In attesa di verificare queste ipotesi (o sarebbe meglio chiamarle speranze?), la previsione più sicura riguarda il calo di superficie che, causa i prezzi bassi, continuerà ad interessare nel futuro prossimo alcuni grandi produttori come gli USA.