LUCI E OMBRE DELLA ZOOTECNIA BIOLOGICA

La zootecnia biologica risponde a varie attese dei consumatori: produzioni sostenibili, benessere animale, qualità dei prodotti.
Il mondo biologico (ma sarebbe probabilmente più corretto definirlo organico, come all’estero) in Italia è una realtà ormai affermata e in continua crescita: 55.000 agricoltori esclusivi su 1.800.000 ettari (4,4% del totale), distribuiti da sud (19% delle aziende bio nazionali) a nord (6%), con una crescita che solo tra il 2015 e il 2016 è stata pari al 20%.
Queste cifre, decisamente importanti, vanno però interpretate dopo un’attenta analisi. Infatti, se da un lato vari prodotti biologici come gli ortaggi, i derivati dei cereali e, tendenza più recente, il vino corrono spediti nei consumi, la zootecnia vive di luci ed ombre.
Mentre latte e derivati, uova e miele bio si sono affermati sul mercato, le carni non hanno mai realmente decollato.
Ne hanno parlato Valerio Bondesan e Andrea Mantoan nel corso di un incontro organizzato dall’Ordine dei Dottori Agronomi di Rovigo.
Nelle zone, come il Veneto, dove gli allevamenti bovini sono intensivi, i costi di ristrutturazione risultano elevati: per esempio, bisogna ridurre il numero dei capi del 30% per rientrare nei disciplinari e bisogna disporre di spazi adeguati per il pascolo degli animali.
Inoltre l’alimentazione costa cara e la concorrenza estera è molto agguerrita.
La conversione degli allevamenti suini è invece meno impegnativa, potendosi utilizzare terreni marginali (come ad esempio il pioppeto), ma i costi di gestione sono comunque tali da non permettere margini soddisfacenti, a meno di puntare su prodotti trasformati come i salumi.
Fatto non secondario, manca una valida organizzazione di mercato, dato che la filiera è debole e i prodotti non hanno una quotazione ufficiale come i vegetali.
La conseguenza è il mancato decollo delle carni biologiche, che trovano una giustificazione economica solo in alcune nicchie poste sugli Appennini o in Alto Adige.
Infine, da non dimenticare che il consumatore di prodotti bio tende preferibilmente verso il comparto vegetariano/vegano.
Va decisamente meglio per il latte e i prodotti caseari, soprattutto nelle aree montane, e per i prodotti dell’apicoltura.
Bene anche le uova bio, anche se non mancano le polemiche su alcuni allevamenti, certificati ma obiettivamente non proprio adatti a questo tipo di produzione, rispetto agli standard europei. Inoltre le nostre razze di galline da uova non sono adatte al pascolo: rispetto ai tipi genetici del nord Europa, fanno meno uova e hanno una taglia maggiore, quindi consumano di più. Il problema maggiore è però rappresentato dall’influenza aviaria, dato che le ASL impongono di tenere gli animali al chiuso in caso di rischio di contagio.
Un’ultima parola sulla qualità: ci sono dei plus importanti, per esempio la carne presenta meno grassi e più ferro, mentre il latte ha una maggior contenuto di vitamina E e una migliore qualità delle sostanze grasse.