INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AGRICOLTURA, UN FUTURO COMUNE

L’intelligenza artificiale (AI-Artificial Intelligence) sembra un concetto futuristico, se non fantascientifico. In realtà se ne parla da una settantina d’anni, da quando, era il 1955, alcuni scienziati americani organizzarono una prima conferenza sul tema. La si può definire in vari modi, per esempio la possibilità di un sistema informatico di simulare l’intelligenza umana, apprendendo dati, elaborandoli e gestendoli. Uno strumento che affascina e al tempo stesso spaventa. Stephen Hawking la considerava “una minaccia per la sopravvivenza dell’umanità.”. Al recente G7 tenuto in Italia Papa Francesco ha evidenziato gli aspetti critici dell’Intelligenza artificiale, sottolineando che essa è e deve rimanere uno strumento nelle mani dell’uomo e rimarcando l’assoluta necessità di uno sviluppo e di un utilizzo etico.

Oggi esistono varie applicazioni di AI, che stanno diventando di uso comune. Per esempio la traduzione automatica presente in pc e smartphone, o la guida autonoma in dotazione ai veicoli più recenti, i robot presenti nelle fabbriche e altro ancora. E l’agricoltura può avvalersi dell’intelligenza artificiale? Molti sono convinti di sì, quale strumento sempre più necessario a permettere una coltivazione sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico.

La chiave per l’Agricoltura 4.0

Quello dell’agricoltura di precisione e digitale è un tema trattato ormai da una ventina d’anni. Le tecniche, da tempo sperimentate e illustrate, riguardano la mappatura dei terreni dal punto di vista topografico, ma anche della qualità e composizione del suolo e quindi della produttività; poi il rilevamento dei dati meteorologici; infine la valutazione dei mezzi tecnici a disposizione, dal tipo di sementi ai fertilizzanti. Lo scopo è ottimizzare l’uso di questi, secondo le precise necessità di ogni frazione del terreno. Il risultato finale è coltivare al meglio, in modo resiliente, soprattutto verso le anomalie climatiche, e sostenibile, evitando ogni spreco, producendo materie prime di qualità e fornendo un reddito adeguato all’agricoltore. Un sogno? No, una possibilità concreta e già realizzabile. Il problema è che l’Agricoltura 4.0 non ha ancora sfondato. Secondo una indagine recentemente condotta dall’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e dal RISE di Brescia, al momento solo il 9% dei terreni italiani risulta coltivato con tecnologie digitali. Le cause principali di questo ritardo possono essere identificate nell’ancora inadeguata preparazione di base di molti imprenditori agricoli e nei costi degli investimenti. Forse l’impulso decisivo per rendere di uso comune queste tecniche è proprio l’intelligenza artificiale.

Un gruppo di lavoro europeo

L’uso di droni, sensori, robot, satelliti e di software dedicati può permettere di raccogliere tutti i dati necessari. Il problema è combinare insieme queste informazioni e trasformarle in raccomandazioni operative applicabili alle macchine agricole. Questo può essere possibile utilizzando l’AI. Ci sta lavorando, tra gli altri, il gruppo di ricerca tedesco PhenoRob, basato sull’interdisciplinarietà. Infatti è composto da studiosi in campi che vanno dall’ecologia, alle scienze del suolo, all’informatica, all’agronomia, alla robotica e all’economia. L’obiettivo è cambiare la produzione agricola ottimizzando la gestione con le nuove tecnologie. Nella position paper che il gruppo ha pubblicato in questi giorni sono presenti alcuni punti chiave su cui lavorare.

Oltre agli obiettivi scientifici, vi è un’altra sfida che sarà fondamentale vincere. Se si vuole che la produzione agricola adotti in modo completo questa rivoluzione digitale, anche i soggetti che la metteranno effettivamente in atto – cioè gli agricoltori – dovranno essere convinti dei suoi benefici.

Di sicuro c’è ancora molto da lavorare. Un esempio: McDonald’s ha annunciato la decisione di sospendere l’uso dell’intelligenza artificiale. Il sistema programmato per la raccolta delle ordinazioni, e utilizzato in migliaia di ristoranti, ha sbagliato il 20% degli ordini, causando una perdita di immagine del marchio.

24/06/2024

Franco Brazzabeni