Metà marzo 2023: al porto di Genova i funzionari dell’Agenzia delle Dogane bloccano e sanzionano un’importazione illecita di 7 tonnellate di antiparassitari dichiarati come fertilizzanti. Inizio marzo 2023: la Guardia di Finanza sequestra in Puglia e Sicilia 380 tonnellate di seme di frumento per il quale non era stato assolto il pagamento della equa remunerazione al costitutore, rilevando anche miscelazioni illecite con grano non certificato da parte di alcuni commercianti di cereali. Febbraio 2023: l’Unità Investigativa Centrale del Ministero dell’Agricoltura (ICQRF) scopre a Caserta una frode milionaria, consistente nell’immissione in commercio di mandorle e pomodori dichiarati falsamente biologici; la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha indagato sette persone per associazione a delinquere finalizzata al falso ideologico e alla frode aggravata. Il bollettino potrebbe continuare a lungo. La pirateria agroalimentare è una triste realtà che si esprime in varie forme e colpisce vari settori, provocando danni rilevanti, economici e di immagine, a tutto il sistema. Secondo l’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura, nel 2019 il fatturato illecito ha superato i 24 miliardi di euro l’anno (+12% sull’anno precedente), con un valore di merci e attività sequestrate superiore a 2 miliardi. Il danno effettivo è probabilmente anche superiore e ne sono colpiti tutti gli anelli della filiera, dall’agricoltore al consumatore.
Gravi danni per tutta la filiera
Le illegalità, nelle varie forme, penalizzano tutti gli attori dei sistemi produttivi. Innanzitutto gli agricoltori, che rischiano di utilizzare mezzi tecnici non controllati e quindi di dubbia efficacia: sementi non certificate a norma di legge sotto gli aspetti qualitativi e fitosanitari oltre che di identità varietale, per cui è impossibile garantire la tracciabilità e l’origine del prodotto; fertilizzanti e fitofarmaci contrabbandati ed immessi sul mercato senza il controllo delle aziende produttrici. Di conseguenza le società sementiere perdono risorse da reinvestire nella ricerca vegetale e vedono calare il fatturato, come le ditte del settore agrochimico e i commercianti di prodotti agricoli. L’industria di trasformazione e la grande distribuzione non sono in grado di assicurare l’origine del prodotto e la sua sanità. Tutto questo si riflette sui consumatori, cioè su tutti noi, privati di alcuni dei requisiti maggiormente richiesti nel cibo che acquistiamo, vale a dire appunto la garanzia della provenienza e la conformità dei vari processi che avvengono dal campo alla tavola, oltre ad essere esposti ai rischi di frodi e marchi contraffatti. In più, l’illegalità è da considerare un danno sociale per l’evasione fiscale che l’accompagna, per la salute pubblica e per l’ambiente, a causa del mancato rispetto delle leggi vigenti, per non parlare dell’ordine pubblico, dato che spesso dietro a questi fatti c’è la criminalità organizzata.
Si può fare di più
Tutti gli attori dei sistemi produttivi agricoli stanno mettendo in campo iniziative per contrastare il fenomeno, ognuno nella sua sfera d’azione. Ad esempio, il mondo sementiero ha varato “Road to quality“, un progetto recentemente presentato alla Camera dei Deputati, per garantire qualità e tracciabilità dei prodotti orticoli a partire dal seme, tutelando così i consumatori e le aziende del settore dalle frodi, garantendo la provenienza italiana dei prodotti. Un sistema informatico e la tecnologia blockchain gestiscono le informazioni relative a ciascun lotto. Attraverso la scansione di un codice Qr è possibile accedere a tutto il percorso compiuto dai vari prodotti.
Essendo le illegalità una minaccia per tutta la filiera, l’azione più efficace non può che essere pensata e attuata in modo solidale e concordato. La politica di filiera, che sta cominciando a dare risultati importanti sotto gli aspetti organizzativi, strutturali e commerciali, deve trovare una strategia comune anche nella lotta all’illegalità.
20/03/2023
Franco Brazzabeni