IL SEME CERTIFICATO HA UN FUTURO DIGITALE

Produrre seme certificato è l’essenza stessa dell’attività dell’industria sementiera. In Europa, per essere commercializzate, quindi per arrivare agli agricoltori, le varietà vegetali delle diverse specie devono essere iscritte a un apposito Registro nazionale e comunitario; inoltre ogni confezione di seme deve presentare un cartellino rilasciato dall’autorità nazionale, di solito il Ministero dell’Agricoltura. Questa certificazione garantisce l’origine del seme e tutte le fasi della sua produzione, dal campo allo stabilimento, fino al magazzino del distributore. Di più, assicura che si tratta di un prodotto legale, a norma di legge, ma anche sano, protetto dai vari organismi patogeni che possono deteriorare il prodotto finale. Il seme certificato è l’irrinunciabile punto di partenza di ogni filiera agroalimentare, l’unico in grado di permettere una tracciabilità, elemento cui i consumatori sono sempre più sensibili. Tutto questo ha un prezzo pressoché irrisorio, pari a solo il 2% del costo di produzione, quindi è economicamente (oltre che tecnicamente) conveniente rispetto al seme “fai-da-te”.

In arrivo la svolta digitale

Le attuali procedure di certificazione sono sempre meno adeguate e aggiornate rispetto all’evoluzione del commercio del seme. I crescenti volumi movimentati a livello internazionale e i conseguenti rischi di frodi e illegalità richiedono maggiore trasparenza delle informazioni riguardanti l’intero processo di produzione del seme. Per questo motivo nel 2017 l’OECD-Organisation for Economic Cooperation and Development ha lanciato “Going digital“, con lo scopo di avvicinare le tecnologie digitali alla gestione del seme. In realtà tutti i settori dell’economia e della società sono coinvolti dalla rivoluzione digitale e l’obiettivo di OECD è fornire ai politici gli strumenti per implementare le nuove tecnologie e favorire un approccio integrato e armonico della trasformazione digitale. 

Fonte: Lead Champion.

Intelligenza Artificiale e Blockchain

La digitalizzazione è già entrata da anni in tutti i settori. Anche l’agricoltura ne è sempre più fortemente interessata, basti pensare alle tecniche colturali di precisione. Alcuni paesi hanno già digitalizzato il proprio sistema di certificazione del seme.

Il termine Intelligenza Artificiale (IA) è ormai entrato nel nostro lessico. L’utilizzo a vari livelli di questa tecnologia si può ormai definire abituale e implica l’affidamento ad un computer di funzioni un tempo considerate umane.

Una tecnologia basata sulla IA è il sistema blockchain. Si tratta di una sorta di libro mastro che registra le transazioni tra i diversi attori di una rete, non controllato da una singola autorità, bensì da tutti gli utilizzatori. Ogni singolo passaggio di una merce è registrato in ordine cronologico e resta costantemente a disposizione di ogni nodo, come viene identificato in gergo un utilizzatore. Ciò permette di operare con la massima trasparenza e sempre in tempo reale riguardo la tracciabilità di un prodotto, ad esempio del seme. Un progetto pilota della Canadian Seed Growers Association riesce a tracciare l’intero ciclo di vita della soia, dall’Istituto di ricerca dove la varietà è stata costituita, sino al prodotto che arriva sulla tavola del consumatore. In questo modo, tutti i protagonisti della filiera hanno a disposizione le stesse informazioni: dov’è stato prodotto il seme, quale agricoltore lo ha coltivato, come e dove, il luogo di stoccaggio della granella, l’industria alimentare che lo ha lavorato, il supermercato che lo ha venduto. Una vera rivoluzione: per la prima volta il consumatore può avere informazioni precise, corrette e complete, non solo sulla preparazione dell’alimento, ma anche sui passaggi precedenti, prendendo coscienza, ad esempio, dell’importanza fondamentale della ricerca e del valore aggiunto che il seme certificato rappresenta.