E’ un fatto assodato che il nuovo benchmark per la produzione e l’esportazione di grano e altri cereali sia da qualche tempo l’area del Mar Nero, in particolare Russia e Ucraina, quella che a scuola ci veniva descritta come il granaio d’Europa.
Dopo che questa fama in realtà si era alquanto offuscata negli anni del comunismo, in tempi recenti la potenzialità produttiva dei terreni e le aggiornate tecniche di coltivazione hanno reso fortemente competitiva l’agricoltura dell’Europa orientale, tale da influenzare in modo decisivo i mercati e le quotazioni delle commodities frumento, orzo e mais.
Nella scorsa campagna 2017/18 era stata registrata una produzione record di frumento, con un picco produttivo del 16% superiore alla media; di conseguenza, l’esportazione di cereali aveva seguito la tendenza di crescita, andando ad arricchire gli stock globali e mantenendo stabilmente i prezzi di mercato su livelli bassi.
Proprio l’andamento deludente delle quotazioni ha spinto gli agricoltori russi, secondo una recente ricerca svolta da U.S.D.A., il dipartimento agricolo degli Stati Uniti, a ridurre gli investimenti di frumento. Di conseguenza la produzione di grano è stimata nel 2018/19 in sensibile calo, a 124 milioni di tonnellate contro i 134 della scorsa campagna.
Anche il raccolto di orzo è previsto in calo, dopo il record produttivo della campagna precedente.
Per contro, le attenzioni degli agricoltori russi si stanno rivolgendo sul mais, la cui superficie è prevista in aumento del 10%.
Alla fine la quantità di cereali esportata dalla Russia, tenuto conto delle variazioni di cui sopra, del consumo interno e della disponibilità finale, dovrebbe rimanere comunque stabile, intorno a 48 milioni di tonnellate, il che sembrerebbe togliere ogni illusione sulle sperate e attese lievitazioni dei prezzi.
Tutto questo ovviamente si basa su un dato di fatto (gli ettari investiti) e un’ipotesi di produzione, che potrà essere verificata solo tra alcuni mesi.
Fonte: World Grain 27/04/2018.