Il genome editing rappresenta la terza grande rivoluzione nel settore della ricerca vegetale, dopo la selezione dei caratteri e le leggi di Mendel.
Lo hanno affermato con forza i ricercatori italiani, l’industria sementiera e l’Associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica, i cui rappresentanti si sono riuniti a Bologna per l’evento “Prima i geni”.
Tutti gli esseri viventi, uomo animali e piante, moltiplicandosi sono soggetti a naturali fenomeni di mutagenesi, per cui il patrimonio genetico subisce variazioni più o meno significative nel passaggio da una generazione alla successiva, dando sviluppo alla biodiversità.
Fin dall’inizio dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa, l’uomo ha scelto le piante migliori per ottenere il seme per le coltivazioni, attraverso la domesticazione delle varie specie, a cominciare dai cereali. Un processo con una sua efficacia, ma lentissimo e molto approssimativo.
Con Mendel ha inizio nel 1900 la selezione genetica, che punta ad indurre la mutagenesi attraverso incroci, o con radiazioni e agenti chimici. E’ il cosiddetto breeding convenzionale: lungo, costoso e poco preciso. E’ tuttora applicato e in più di un secolo ha prodotto importanti progressi fisiologici, produttivi e qualitativi in tutte le specie coltivate.
Gli anni ’80 hanno portato l’ingegneria genetica anche nella ricerca vegetale: attraverso tecniche molto complesse, come la transgenesi e la cisgenesi, è possibile inserire singoli geni, anche provenienti da specie diverse, in un individuo ed ottenere così un carattere desiderato in modo efficiente e relativamente rapido, sia pur costoso. Di fatto, gli OGM non sono stati accettati dalla maggior parte dei consumatori europei, i quali, pur ignorandone le reali caratteristiche, ne hanno sempre avuto una percezione negativa, nonostante gli oggettivi vantaggi per l’agricoltura e l’ambiente e la dimostrata innocuità per la salute.
Eccoci quindi all’ultima tappa (finora): il genome editing, che “semplicemente” ripropone la mutagenesi naturale attraverso tecniche alla portata di ogni laboratorio, che garantiscono massima precisione, costi contenuti e veloci tempi di esecuzione.
Il risultato è una prodotto rigorosamente NON OGM e per questo il mondo della ricerca e della produzione vegetale contesta vivacemente la recente sentenza della Corte Europea di Giustizia, che ha equiparato le “New Breeding Techniques” agli organismi OGM, nell’ambito di una legislazione europea risalente al 1990 e che viene ormai considerata non più attuale e da riformulare al più presto.