FOCUS SUL BIOLOGICO: MOLTE LUCI E QUALCHE OMBRA

Non c’è dubbio: scorrendo le pagine dei giornali e i siti d’informazione tecnica e alimentare, ma non solo, l’argomento “biologico”, inteso sia come tipo di agricoltura che come stile di alimentazione, ricorre frequentemente. Non potrebbe essere altrimenti, se si considera ad esempio che negli ultimi 10 anni le vendite di questo comparto presso la GDO sono aumentate del 217%. Oppure che nel 2018 si sono spesi 2,5 miliardi di euro per acquistare alimenti bio in Italia, vale a dire il 3% dell’esborso per tutti gli alimentari (dati forniti da Ismea). 

Si produce al sud, si compra al nord

Da notare che gli acquisti riguardano principalmente il nord, con oltre il 60% del mercato, ma la produzione è concentrata al sud, con circa il 45% della superficie nazionale coltivata in biologico, ripartita tra Sicilia, Puglia e Calabria; investimenti significativi ma inferiori si trovano in Emilia-Romagna e nelle regioni del Centro (secondo i dati del Sinab).

Frutta, ortaggi e cereali sono i segmenti più richiesti, ma vino, carni e salumi sono in forte crescita.

Secondo i francesi, l’agricoltura bio è la più efficiente

I motivi del successo dell’agricoltura biologica non risiedono soltanto nel gradimento di una parte rilevante dei consumatori europei e quindi nel costante aumento della domanda di mercato, ma anche nei positivi riscontri economici ed ambientali per i coltivatori.

Lo afferma lo studio “Les performances économiques et environnementales de l’agroécologie” di France Stratégie, un’istituzione francese governativa dedicata agli studi di mercato. Il rapporto dichiara che con il metodo biologico il reddito agricolo migliora sino al 25% rispetto al tradizionale, nonostante le rese inferiori e i maggiori costi di produzione; in effetti, i prezzi di mercato sono di solito sensibilmente maggiori per i prodotti bio e spesso meno volatili. Inoltre, il minore uso della chimica (sì, anche l’agricoltura biologica fa uso di alcuni prodotti chimici) permette di operare in un ambiente più sano ed equilibrato, a favore di sostenibilità e biodiversità.

Si potrebbe obiettare che il grande obiettivo “zero hunger” non sia esattamente in linea con un tipo di agricoltura meno performante, ricordando che ogni anno, secondo la FAO, il 15% dei raccolti globali (pari a 220 miliardi di dollari) va perduto a causa di organismi parassiti e che la qualità di vari alimenti è strettamente dipendente anche dall’uso di fertilizzanti di sintesi. 

Di fatto, la strategia della EU denominata Farm to Fork si propone l’obiettivo di arrivare entro il 2030 al 25% dei terreni degli Stati membri coltivati con metodo biologico. Un risultato probabilmente irraggiungibile per quanto detto, ma una tendenza ormai segnata.

C’è bisogno di regole e controlli

Un settore così dinamico ha bisogno anche di regole per svilupparsi. Ad esempio riguardo il seme da utilizzare: con il sistema delle deroghe, lamentano produttori ma anche sementieri, si trova poco seme biologico sul mercato: quindi manca spesso il primo anello della filiera. Poi c’è il problema delle truffe, che periodicamente investono il settore, rischiando di provocare una perdita di credibilità.

Grandi speranze per superare questi ed altri ostacoli sono riposti nella nuova normativa EU sul biologico, contenuta nel Regolamento 2018/848, che prevede numerose norme tecniche riguardanti la produzione, la certificazione e i controlli. Recentemente la Commissione europea ha deciso di rinviare al 1 gennaio 2022 l’entrata in vigore del Regolamento, con soddisfazione da parte dei politici, ma anche degli operatori del biologico.