FARM TO FORK MOSTRA LE PRIME CREPE

La strategia Farm to Fork, uno dei capisaldi del Green Deal europeo, sin dalla sua presentazione ha suscitato perplessità e critiche tra gli addetti ai lavori. In tempi di aumento della domanda alimentare e di cambiamenti climatici, pensare di progettare un futuro agricolo con uso fortemente ridotto di mezzi tecnici è sembrato a molti inopportuno e rischioso. Infatti, come dimostrato da studi scientifici, la conseguenza sarà un calo produttivo intorno al 15%, anche perché i possibili auspicati supporti tecnici sono tuttora bloccati dalla politica europea (vedi le TEA o NBTs) o hanno una diffusione ancora troppo limitata per incidere significativamente (agricoltura 4.0). La pandemia di Covid 19 ci ha dimostrato che la sicurezza alimentare è tutt’altro che scontata e i Paesi fortemente deficitari di materie prime alimentari, come quelli dell’Unione Europea, non possono non tenerne conto. Si pensi ai dazi all’esportazione imposti nell’ultimo biennio dalla Russia e da altri grandi esportatori, nonché dalle difficoltà insorte nella logistica. Per ultimo è arrivato il tragico conflitto russo-ucraino.

Fonte: fanpage.it

RIFORNIMENTI A RISCHIO

Senza entrare nel merito politico della guerra in corso, basti considerare che l’Ucraina copre il 16% delle esportazioni mondiali di mais, la Russia è il maggiore esportatore di frumento con il 20% globale, mentre i due Stati insieme producono il 58% del girasole. Complessivamente, nel 2020 l’Ucraina ha esportato verso la EU prodotti agroalimentari per un valore di 5,4 miliardi di euro. Il blocco dei porti ucraini (come Odessa) per motivi bellici e le sanzioni imposte alla Russia dalla UE e dai Paesi della Nato hanno di fatto impedito le consegne delle materie prime. In più l’Ungheria ha deciso di sospendere le esportazioni di frumento. Inevitabilmente i prezzi di mercato sono schizzati verso l’alto: sulle maggiori piazze mondiali frumento e mais hanno raggiunto aumenti record, anche a causa delle incertezze sulle semine primaverili in Ucraina. Tutto questo avviene in mercati già in fibrillazione per le conseguenze del Covid 19 e per le incertezze legate all’andamento climatico in sud America e nelle grandi pianure USA, ma anche ai recenti forti aumenti dei costi dell’energia. Il gas, pure proveniente in gran parte dall’area del Mar Nero, è salito di quasi il 400% da fine 2020. Di conseguenza il costo dei fertilizzanti ha registrato +245% nello stesso periodo. Recentemente una maggiore disponibilità aveva moderatamente iniziato a calmierare il prezzo, ma il conflitto rischia aggravare la situazione, visto che la Russia è anche il maggior esportatore mondiale di concimi azotati. Si possono facilmente immaginare le conseguenze sul settore agricolo e zootecnico e, in ultima analisi, sul prezzo dei prodotti alimentari, con rincari già evidenti su pasta e pane. Non ultimo, va considerato che le sanzioni sono inevitabilmente un’arma a doppio taglio: la UE-27 nel 2020 ha esportato in Ucraina prodotti alimentari per 2,7 miliardi.

L’EUROPA CERCA DI REAGIRE

In un contesto così fortemente problematico la nuova PAC appare ancor più irreale. Tagliare l’uso di mezzi tecnici e aumentare la coltivazione in biologico nelle dimensioni previste da qui al 2030, porterà a una minore disponibilità interna di materia prima alimentare con due conseguenze: una probabile minore sicurezza alimentare e un sicuro aumento dei costi di molti alimenti. Due elementi molto preoccupanti e non sacrificabili sull’altare di una maggiore sostenibilità ambientale delle coltivazioni, obiettivo sicuramente auspicabile ma raggiungibile con diversi e più opportuni mezzi e tempistiche.

Ecco allora la Commissione Europea convocare gli esperti per la risposta alla crisi in atto. Il primo risultato, come dichiarato dal Commissario UE all’agricoltura Janusz Wojciechowski, è l’intenzione di rivedere le strategie a breve-medio termine, a cominciare dall’obiettivo del 10% di terreni agricoli riservato a “un’elevata diversità caratteristiche del paesaggio”. Un “lusso” che di questi tempi non possiamo permetterci. L’attenzione della UE si concentrerà sulla sovranità alimentare, alla luce dell’attuale situazione.

Anche la produzione di colture proteiche sarà incentivata, magari utilizzando terreni incolti e marginali.

07/03/2022

Franco Brazzabeni