CRISPR? FUNZIONANO!

La tecnologia CRISPR – Clustered Regurarly Interspaced Short Palindromic Repeats (in italiano “brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari”), è tuttora dibattuta in ambito europeo: da un lato gli addetti ai lavori, ricercatori e sementieri in testa, vedono nel genome editing la possibilità concreta di produrre innovazione in agricoltura in tempi rapidi e con costi sostenibili; dall’altro il fronte ambientalista rinnova i timori, in buona parte di natura ideologica ed emotiva, che a suo tempo provocarono un’opposizione integrale (e forse integralista) agli OGM.
Pertanto, il futuro dei CRISPR è ancora a tinte incerte, in attesa che la UE si decida a decidere.
Nel frattempo, in altre parti del mondo si guarda al concreto e la nuova tecnologia viene già utilizzata, con risultati che sembrano molto interessanti e incoraggianti.
Citerò solo un caso a titolo di esempio.
La Purdue University in collaborazione con lo Shanghai Center for Plant Stress Biology (che fa parte a sua volta dell’Accademia cinese delle Scienze) utilizzando il citato metodo CRISPR/Cas9 ha ottenuto una varietà di riso in grado di migliorare la produzione di circa il 30%, rispetto al materiale di partenza.
Il risultato è stato ottenuto mutando 13 geni associati all’acido abscissico, un fitormone che agisce sulla tolleranza agli stress delle piante, come siccità, salinità del suolo e altri fattori ambientali.
Al di là dell’importante risultato ottenuto e delle sue possibili applicazioni, ciò che deve far riflettere è la tempistica del lavoro: i ricercatori hanno effettuato, grazie alla tecnologia CRISPR, una serie di interventi che con i metodi tradizionali oggi in uso avrebbero richiesto molti anni, con osservazione di milioni di piante e conseguenti costi enormemente più elevati, senza la garanzia di arrivare allo stesso risultato.
Il prossimo passo sarà applicare la stessa operazione alle varietà di riso abitualmente coltivate, con l’intento di ottenere lo stesso miglioramento produttivo, il che significherebbe un’evoluzione molto significativa della risicoltura.

Fonte: Seed World 30/05/2018