I prossimi mesi a Bruxelles saranno piuttosto intensi. La riforma della politica agricola comune (PAC) è infatti oggetto di discussioni nei triloghi, come sono chiamati i negoziati interistituzionali tra la Commissione europea, il Consiglio dell’Unione europea (UE) e il Parlamento europeo. Tali negoziati si estenderanno per almeno un anno, dato che ogni singolo comma della proposta dovrà essere esaminato e approvato. La posta in gioco è molto alta, visto che si decide il futuro a medio termine di agricoltura, alimentazione e ambiente.
La domanda che sorge spontanea, alla luce di alcuni fatti, è la seguente: chi in effetti decide sulla PAC e chi invece dovrebbe decidere? Il dibattito è aperto.
CONSUMER IS KING
Il motto sopra riportato è una regola aurea del marketing, se vogliamo è una formula aggiornata de “il cliente ha sempre ragione”, che tutti conoscono. Anche nel comparto agroalimentare le aziende dei vari settori sono sempre più attente alle tendenze dettate dai consumatori.
Oltre ai sondaggi privati, vi è un importante riferimento prodotto dalla Commissione Europea. Si tratta di Eurobarometer, che con cadenza biennale interroga un campione di circa 27.000 cittadini di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. I risultati dell’ultimo lavoro, relativo al 2020, sono stati recentemente pubblicati e forniscono molte indicazioni, che si possono sintetizzare come segue: quando acquista il cibo, il consumatore europeo ricerca primariamente gusto, sicurezza, convenienza economica e garanzia di origine; anche la produzione sostenibile è ai primi posti.
SCIENZA O CONSENSO POPOLARE?
Per soddisfare le esigenze espresse dai cittadini, nonché per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite, la Commissione Europea ha riunito una serie di iniziative nel Green Deal, grande contenitore politico il cui cuore è la strategia Farm to Fork. L’obiettivo è migliorare la salute e l’ambiente con misure di produzione sostenibile, tra le quali una forte riduzione della chimica nelle coltivazioni e un incremento dell’agricoltura biologica.
È lecito chiedersi su quali fattori tali scelte sono fondate. I dubbi sorgono per esempio da una proposta dalla Commissione che vorrebbe riformare la procedura del Comitato per gli affari legali, cambiando la logica dall’attuale “approvare quando sicuro” ad “approvare solo quando popolare”. Una decisione di questo tipo renderebbe di fatto impossibile l’autorizzazione di determinati prodotti o metodologie (come i CRISPR), anche solo per l’iniziativa di una minoranza di Stati membri. Per questo è fortemente avversata dalle varie categorie attive nei sistemi alimentari.
Un’altra possibile mina vagante è un concetto recentemente sbandierato in seno al Parlamento Europeo: ricostruire la sovranità alimentare europea. Spesso confusa con la sicurezza o l’autosufficienza, la sovranità alimentare si riferisce al diritto delle popolazioni di definire le proprie politiche agricole e alimentari, proteggere e controllare la produzione e il commercio agricolo interno, determinare il proprio margine di indipendenza e limitare il dumping di prodotti importati a prezzi bassi nei loro mercati.
Siamo quindi al punto focale: chi decide le politiche agricole? Le attese dei consumatori vanno ascoltate e considerate, ma devono essere mediate alla luce di vari importanti aspetti economici e scientifici, dei quali la gran parte della popolazione non possiede né conoscenza né competenza. Pensare di ridurre del 50% l’uso di fitofarmaci e del 20% quello dei fertilizzanti entro il 2030, ma anche di estendere le coltivazioni bio al 25% del totale dei terreni agricoli, senza dotare la ricerca degli strumenti adatti a produrre in tempi brevi nuove varietà vegetali resilienti a patogeni e avversità ambientali, rappresenta un obiettivo irraggiungibile e una potenziale fonte di danno per tutto il settore, nonché per gli stessi consumatori. Senza contare che se oggi possiamo disporre di cibi gustosi, sani e convenienti, gran parte del merito è proprio della ricerca che ha costituito nuove varietà in linea proprio con le richieste del mercato.
Tra gli strumenti irrinunciabili vi è il genome editing, che la EU si ostina a contrastare, probabilmente per non contraddire una parte dei consumatori, i quali ignorano, in effetti, di cosa si tratti. Intanto, in Giappone sta per essere lanciata una nuova varietà di pomodoro con qualità arricchita, ottenuta proprio con queste nuove tecniche.