BREXIT E AGRICOLTURA, UN IMPATTO AD ALTO RISCHIO

Brexit è diventato un termine ricorrente per tutti i cittadini europei da quando, nel giugno 2016, il 51,89% dei votanti al referendum indetto nel Regno Unito diede l’approvazione all’uscita dall’Unione Europea.
Non è volontà di chi scrive esprimere commenti sull’argomento: se sia opportuno prendere decisioni così importanti e strategiche per un Paese sulla base di un voto popolare, se sia giusto che i politici chiamati a governare abdichino al loro ruolo lasciando la responsabilità ai cittadini; ancora, se una risicata maggioranza sia sufficiente per giustificare una scelta di questa portata.
Di certo, a due anni di distanza alcuni fatti sono inoppugnabili.
Innanzitutto molti sondaggi riportano che una parte significativa dei votanti pro Brexit si è pentita e oggi dichiara che voterebbe in modo diverso. Infatti oltre 5 milioni di cittadini britannici hanno firmato per ottenere un secondo referendum, che per il 37% della popolazione è l’opzione preferita, rispetto a un’uscita senza accordo (hard Brexit), a un’uscita “dolce” (soft Brexit) e alla proposta May, pluri bocciata anche dal Parlamento.
Questa inversione di tendenza è in gran parte motivata da un altro fatto: dopo il referendum l’economia del Regno Unito è in netta flessione. Secondo la Bank of England la perdita complessiva è pari al 2%, vale a dire un calo produttivo di 930 milioni di euro a settimana. Così, quella che nel 2016 era l’economia trainante del G7, oggi è la più lenta del gruppo, con un tasso di crescita inferiore a 1% contro il 6% del resto del G7.
Quale sarà l’impatto della Brexit sull’agricoltura? Oggi è difficile dare una risposta certa.
Molti sono i settori coinvolti e di conseguenza diverse sarebbero le ricadute.
Ad esempio, causa il calo delle scorte, le esportazioni alimentari da Italia a UK a gennaio 2019 erano aumentate del 17,3% rispetto a un anno prima, mentre a livello globale segnavano un più modesto +5,9%.
Restando sull’argomento import-export, basti pensare che oggi la Gran Bretagna esporta i 2/3 della propria produzione agricola in Europa e importa da questa il 70% del proprio consumo di frutta, verdura e altri alimentari. Un settore altamente strategico è quello zootecnico, considerando che il Regno Unito è il terzo produttore di carne bovina in Europa. E’ quindi facile immaginare che un’uscita senza accordo avrebbe conseguenze pesanti da entrambe le parti.
Anche Rabobank International, una delle banche del settore agricolo più importanti e qualificate, prevede uno scenario fosco in caso di uscita “no-deal”. In quest’ultima situazione la Gran Bretagna diventerebbe un paese terzo per la UE, pertanto gli scambi commerciali sarebbero soggetti a tariffe di importazione e questo provocherebbe un aumento dei prezzi degli alimentari, oggi stimato in un 10-15%, a beneficio degli agricoltori ma a danno di tutti i consumatori britannici. I primi però sarebbero penalizzati dall’aumento dei prezzi di macchine agricole, fertilizzanti, energia e fitofarmaci.
Tanti interrogativi quindi, in un quadro dominato da molte ombre.