L’obiettivo è chiaro da tempo: trovare alternative ai carburanti fossili. Le riserve di petrolio finiranno entro mezzo secolo con i consumi attuali; il pianeta non può sostenere a lungo le emissioni che da molti decenni inquinano l’atmosfera, con gravi danni alla salute di persone, animali, piante e ambiente in generale. Secondo la UE, dal 2035 non si dovrebbero produrre auto a motore termico (salvo approvazione del Consiglio UE e pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), con l’appoggio degli ambientalisti e le perplessità di molti politici e cittadini. Secondo il nostro e altri governi, la soluzione va piuttosto cercata nei biocarburanti. Anche gli USA la pensano così.
I biocombustibili sono prodotti a partire da biomasse di grano, mais, barbabietola e altre specie, o dalla spremitura di semi oleosi di soia, girasole o colza. Le tipologie sono biodiesel, bioetanolo, biometano. Oltre che da piante coltivate, i biocarburanti sono ottenibili anche da materiali di scarto. Il biodiesel si ricava da oli e grassi esausti, tramite un processo di esterificazione che porta ad un prodotto simile al gasolio. Il bioetanolo può essere prodotto dalla fermentazione alcolica a partire da zuccheri, che si trovano nei rifiuti umidi o nei sottoprodotti del legno. Il biometano è contenuto nel biogas che si ricava dalle deiezioni animali o da scarti vegetali. L’alternativa ai biocarburanti è rappresentata dal cosiddetto e-fuel, carburante sintetico ottenuto dalla mistura di idrogeno e anidride carbonica estratti dall’aria, la cui combustione produce solo vapore acqueo e quindi zero emissioni.
L’Europa a una svolta
Lo scorso febbraio il Parlamento europeo ha approvato a maggioranza la normativa che prevede il taglio del 100% delle emissioni di CO2 entro il 2035. Significherebbe praticamente la fine dei veicoli diesel e a benzina. L’Italia e altri Paesi si sono astenuti, chiedendo una transizione più graduale e finanziata. L’industria automobilistica si è opposta agitando il rischio della disoccupazione e della possibile concorrenza della Cina, oggi all’avanguardia nella produzione di batterie e motori elettrici. L’Italia punta sui biocarburanti. Secondo Assodistil, questa strategia porterebbe a 15 nuovi impianti nel nostro paese, con 1,5 miliardi di investimento e oltre 40.000 nuovi posti di lavoro e un’iniezione di reddito per il settore agricolo. Inoltre la produzione potrebbe derivare da parte dei 3 milioni di ettari oggi incolti.
Biocarburanti o e-fuel?
Di fatto, a febbraio la UE ha bocciato la richiesta dell’Italia di inserire i biocarburanti nell’elenco dei combustibili climaticamente neutri. Il motivo è che non si assicurerebbe la neutralità carbonica e si toglierebbero risorse al mercato alimentare. Un parere del tutto diverso è arrivato dal G7 dello scorso aprile, nel corso del quale è stata sottolineata l’importanza dei biocarburanti nella decarbonizzazione del settore auto e la non competizione con le produzioni alimentari. Questo riconoscimento potrebbe permettere di riaprire il confronto in sede europea. Intanto l’ENI sta sviluppando un impianto in Kenia, che dovrebbe fornire entro cinque anni 200.000 tonnellate di carburante verde.
Al momento la partita sembra vinta dalla Germania, che dall’inizio ha creduto fortemente negli e-fuel, con investimenti crescenti da parte di alcune industrie, BMW e Porsche su tutte. La UE ha concesso una deroga sulla normativa a favore di questi prodotti. Resta però il fatto che i carburanti a idrogeno al momento sono più costosi dell’elettricità, quindi servirà ancora molto lavoro.
13/11/2023
Franco Brazzabeni