Agricoltura di precisione è un termine ormai familiare a tutti, ma forse il suo preciso significato non è altrettanto noto. In sintesi si può dire che è un insieme di tecnologie utilizzate allo scopo di rilevare, attraverso l’uso di strumenti perlopiù elettronici, le caratteristiche chimico-fisiche e produttive di ogni frazione omogenea del terreno e il microclima di un ambiente, in modo da organizzare interventi agronomici mirati e molto “personalizzati” di fertilizzazione, semina, irrigazione e altro. L’obiettivo è mantenere o aumentare gli standard produttivi, riducendo in modo significativo i costi e l’impatto ambientale.
Per questi aspetti, l’agricoltura di precisione (AP) è considerata fondamentale nella realizzazione dell’agricoltura 4.0, quella che prevede l’uso della tecnologia digitale.
Gli scienziati non esitano a definire queste tecniche come la (potenziale!) terza grande rivoluzione agricola da un secolo ad oggi, dopo la meccanizzazione dall’inizio del ‘900 e la rivoluzione verde (varietà e ibridi fortemente innovativi più concimi e fitofarmaci di sintesi) a partire dal 1950.
Già, potenziale, almeno per l’Italia. Infatti, se ad esempio negli Stati Uniti l’AP si pratica ormai da 30 anni, in Italia, pur in presenza di produzioni ben più intensive, le tecniche di precisione, già disponibili da parecchi anni, sono utilizzate su appena l’1% della superficie.
La domanda che sorge spontanea è: perché? Forse l’AP non è conveniente per l’agricoltore? Oppure è poco adatta ai nostri ambienti e alle nostre aziende? O magari non è opportunamente divulgata?
Riguardo il primo quesito, gli addetti ai lavori non hanno dubbi: le tecniche di precisione permettono ad un’azienda medio-grande di risparmiare circa 170 euro l’anno per ettaro, a fronte di un’investimento tipo di circa 20.000 euro, ma anche le entità con ettarato ridotto se ne possono avvantaggiare.
Di certo queste informazioni non sono così chiare e diffuse, in altri termini la comunicazione non è stata finora né capillare né efficace come sarebbe stato necessario. Se n’è parlato recentemente in un evento organizzato presso il DISTAL-Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna. E’ stato annunciato il lancio di un sistema informatico, collegato ad un’app, che permette un’analisi costi/benefici personalizzata.
Un bel contributo, ma che impatto potrà avere sul mondo agricolo, se è vero che una delle cause del lento progresso in questo settore è proprio la scarsa o nulla informatizzazione di molte aziende? A ciò vanno aggiunti altri fattori, come l’età media elevata degli imprenditori, la poca autonomia (e magari intraprendenza?) dei giovani, la frammentazione aziendale.
Probabilmente una forte e capillare azione formativa, promossa con convinzione dal Ministero dell’Agricoltura e supportata dalle associazioni di categoria, potrebbe dare la svolta.
Sì, perché se in diversi casi i guadagni derivati dall’AP possono essere incerti, senza di essa le perdite saranno sempre più una certezza.