ACQUA O NON ACQUA, QUESTO È IL PROBLEMA

Altro che fitofarmaci: il vero problema dell’agricoltura e della sua sostenibilità nel futuro prossimo sembra proprio che sarà l’acqua. Non vi è dubbio che l’uso della chimica debba essere ridotto quanto-quando-se possibile, per alleviare l’impatto ambientale e i costi di produzione. Le tecniche di agricoltura integrata e di precisione permettono già da decenni di operare in questo senso e la riprova sta nel fatto che negli ultimi 30 anni in Italia il consumo di fitofarmaci è calato di circa il 40%, anche se molti sembrano non essersene accorti. La siccità che nel 2022 ha interessato l’Europa sta invece facendo capire a politici e media (gli agricoltori e gli addetti ai lavori lo sanno già da tempo) che il vero fattore limitante nei prossimi anni sarà l’acqua. Secondo il Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite, a breve circa 2 miliardi di persone soffriranno la scarsità d’acqua e due terzi del mondo vivranno in condizioni di stress idrico. In questo secolo si sono verificati conflitti causati dall’accesso all’acqua, soprattutto in Medio Oriente, Asia meridionale e Africa subsahariana. Il numero delle guerre dell’acqua aumenta: dal 2020 a oggi si segnalano 201 conflitti.

Il Mondo ha sete

Il 2022 è stato l’anno della siccità in Europa e non solo, con l’aggravante di forti ondate di calore. Vi è stata una significativa riduzione dei raccolti in vari paesi. In Italia si è registrato un calo medio del 10% di frumento duro (nonostante l’aumento di superficie), tenero, mais, riso; è andata peggio nel settore ortofrutticolo, con perdite fino al 70%. In totale si parla di danni per oltre 6 miliardi di euro. A inizio 2023 le stime di produzioni di frumento in USA e Russia indicano un possibile calo produttivo per siccità, mentre in Argentina la mancanza di pioggia mette in difficoltà le semine di mais e soia. Tutto questo ha riflessi su prezzi mondiali, dato che gli stock finali dei cereali sono i più bassi da 8 anni a questa parte. In Italia desta ancora preoccupazione lo stato del Po e degli invasi, con i grandi laghi tutti sotto media.

Le carte da giocare

Il Green Deal, la strategia che muoverà la politica agricola europea nei prossimi anni, delinea una visione a lungo termine affinché l’UE diventi, entro il 2050, una società resiliente ai cambiamenti climatici. In Italia è stata recepita dal Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Molte parole e buoni intendimenti, con l’individuazione di 361 “azioni di adattamento settoriali”. Il timore è quello che la burocrazia rallenti e complichi le molte (troppe?) azioni descritte. Forse è meglio concentrare le risorse in alcune direzioni che potrebbero risultare decisive.

  1. Infrastrutture: la modalità degli eventi meteorici è cambiata, con fenomeni concentrati e spesso violenti, pertanto serve realizzare bacini per trattenere le acque, proteggendo il territorio e gestendo le riserve per i periodi di siccità. Il PNRR prevede importanti investimenti in questa direzione, ma occorreranno anni per realizzarli, burocrazia permettendo.
  2. Agricoltura 4.0: stazioni meteo, sensori applicati al terreno, sistemi di intelligenza artificiale per regolare l’irrigazione, portano già oggi a un risparmio d’acqua dal 10% del mais al 15% dei frutteti, con possibilità di aumentare tali percentuali grazie all’affinamento di strumenti e tecniche.
  3. Miglioramento genetico: questa risorsa fondamentale ha già permesso di costituire per molte specie varietà tolleranti il secco, ma solo con l’ingresso delle New Genetic Techniques sarà possibile arrivare in tempi brevi a tipologie vegetali in grado di produrre in aridocoltura.
  4. Uso di acque reflue: vi sono studi sulla possibilità di utilizzare acque reflue cittadine, ovviamente trattate e depurate da ogni scoria dannosa, per usi agricoli.
  5.  Agricoltura rigenerativa: ripristinare la fertilità dei suoli attraverso l’uso di pratiche sostenibili può migliorare, tra l’altro, l’assorbimento dell’acqua nel terreno e la sua trattenuta.
  6.  Dissalazione: in Spagna sono attivi 765 impianti che producono 5 milioni di metri cubi di acqua al giorno, per agricoltura, industria e città, pari a oltre la metà del fabbisogno; in Italia siamo fermi al 4%, causa una normativa molto severa che impone un costoso smaltimento dei residui (salamoia). Non è possibile trovare un compromesso tra ambiente pulito e rischio idrico?

21/01/2023

Franco Brazzabeni